mercoledì 17 ottobre 2007

LEGGENDE METROPOLITANE













Nel 1988 in Italia si iniziò a prendere coscienza di una curiosa forma di "prodotto collettivo". E ciò che più stupiva era che il tutto nasceva e si alimentava non per volere di un'istituzione o un gruppo di potere occulto, ma per necessità dei singoli. Il mondo anglosassone se n'era accorto da tempo e, aprendo la strada all'istituzionalizzazione di un nuovo campo di ricerche, aveva battezzato il fenomeno urban legends, da noi tradotto come "leggende metropolitane". Anche se sarebbe più corretto chiamarle "contemporanee", visto che la loro ambientazione non sempre è la metropoli, né tantomeno vengono raccontate solo nelle grandi città, ormai la definizione è entrata a far parte del linguaggio comune. Secondo Paolo Toselli, Segretario del Centro Raccolta Voci e Leggende Contemporanee, si tratta di brevi storie dal contenuto sorprendente raccontate di persona in persona come vere, hanno protagonisti dei nostri giorni (ma sfuggenti, solitamente anonimi), nascono da discussioni collettive, circolano in modo incontrollato, il messaggio trasmesso è di solito conservatore e mescolano elementi reali con alcuni verosimili e altri decisamente falsi. Si focalizzano, inoltre, perlopiù sulle nuove tecnologie, sugli stranieri, la natura selvaggia, la violenza urbana, l'evoluzione dei costumi e, più raramente, sul sovrannaturale. Le leggende metropolitane sono un relativamente nuovo oggetto di ricerca che non è proprietà esclusiva di una singola disciplina scientifica. Oggi gli studiosi di scienze umane, dai folkoristi ai sociologi, dagli etnologi agli storici, dagli psicologi agli antropologi, dispongono di una copiosa documentazione per applicarsi e dare il proprio contributo. Uno dei possibili approcci, tra i più interessanti, è la ricerca degli elementi reali che sono all'origine di una leggenda o che l'hanno alimentata. Negli ultimi anni, oltre alla pubblicazione di diversi libri e articoli che hanno contribuito a far riconoscere al grande pubblico il fenomeno come genere narrativo ben definito, si è diffusa la moda di utilizzare la "leggenda metropolitana" per indicare una bufala, una battuta scherzosa, una diceria, un pettegolezzo, insomma qualcosa di "non vero". Ma una simile generalizzazione, sempre più spesso attuata dai mezzi di informazione, è quantomeno fuorviante. Secondo Toselli, dobbiamo sfuggire alla tentazione di considerare le leggende metropolitane come sinonimo di falso o un genere esclusivamente da smitizzare e screditare, magari assumendo un atteggiamento denigratorio nei confronti di coloro che credono in queste storie. La tentazione per molti è forte, ma non è l'atteggiamento corretto o quantomeno condivisibile dal punto di vista di una seria ricerca.
Molti ritengono che la "credenza" nelle leggende metropolitane denoti ignoranza e mancanza di senso critico. Ma sovente sono proprio le persone istruite, razionali, che rivestono incarichi di responsabilità, i maggiori portatori e diffusori di leggende metropolitane. È tra l'altro divenuto sempre più difficile fare una demarcazione netta tra sola leggenda e fatto di cronaca. Vedasi le numerose notizie, più o meno sorprendenti, che sovente leggiamo sui giornali, la cui fonte è niente più di un dispaccio d'agenzia. Coppie di amanti rimaste inesorabilmente incastrate, poveri gattini sopravvissuti ad involontari lavaggi in lavatrice, mogli scordate a terra in autostrada da mariti troppo distratti. Fatti sovente ambientati in luoghi sperduti o senza alcun riferimento alle generalità dei presunti protagonisti. Ciò non significa che siano tutte leggende, né tantomeno esperienze reali. Sicuramente i due mondi convivono, influenzandosi l'un l'altro, senza eliminarsi a vicenda.

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